SMART WORKING SI, ma non perdiamo di vista la salute degli occhi

Smart working, letteralmente traducibile con “lavoro agile”, è una forma di lavoro regolamentato dalla legge n. 81/2017 e in pratica prevede una flessibilità del rapporto di lavoro e quindi non esiste l’obbligo di eseguire le proprie mansioni in un determinato luogo (ufficio) ma si ha la possibilità di svolgere il proprio lavoro anche da casa.

In Italia sono ancora poche le aziende che si sono organizzate in tal senso ma le misure adottate dal Governo, con il decreto del 1 marzo 2020 per il contenimento e la gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19 (coronavirus), ha improvvisamente esteso non solo la possibilità ma la concreta realizzazione di accesso allo smart working a tantissime categorie di lavoratori che mai avrebbero pensato di dover organizzarsi in tal senso.

Si pensi ai docenti, di ogni ordine e grado, dalle elementari fino all’università, che in breve tempo hanno dovuto adattarsi e adottare metodi di insegnamento con Pc, tablet o computer portabili per poter svolgere al meglio il proprio lavoro e che fino ad ora utilizzavano in maniera sporadica.

La legge citata ha anche riservato alcuni articoli sulle norme di sicurezza da adottare e le responsabilità sia del datore di lavoro nei confronti dei propri dipendenti e sia gli obblighi di ciascun lavoratore che deve prendersi cura della propria salute e sicurezza.

Se i dati pre-decreto ci riportavano che sono sempre di più le persone che lamentano stanchezza, secchezza e bruciore dopo ore davanti allo schermo, dobbiamo immaginare che tale numero è destinato a crescere esponenzialmente.

Le numerose indagini svolte su questo tema hanno tutte evidenziato non solo l’elevata frequenza del problema che colpisce con almeno un sintomo il 63% delle persone nel nostro Paese, soprattutto donne, ma purtroppo anche la scarsa conoscenza sui possibili rimedi.

Tale percentuale e destinata a salire soprattutto con lo smart working, poiché le accortezze e le misure di sicurezza adottate in ambito lavorativo (luce artificiale, distanze e regolazioni della posizione del computer rispetto all’operatore) non sono spesso realizzabili quando si tratta di smart working.

Lavorare per ore al computer stanca gli occhi, e non è necessario che lo affermi un esperto ma compito di quest’ultimo è spiegarne i motivi e consigliare il rimedio più opportuno per ridurre l’ affaticamento visivo ossia il cosiddetto distress da videoterminale.

Un fastidio, con sintomi oculari che vanno dal bruciore all’ arrossamento, da una maggior sensibilità alla luce ad alterazioni della lacrimazione (eccessiva o troppo scarsa), e in casi più seri fino a veri disturbi visivi, come la sensazione di calo della vista, la difficoltà di messa a fuoco o la visione di aloni colorati.

In ogni caso nessuno di questi disturbi va preso sottogamba perché è importante in questi casi mantenere sotto controllo non solo le infiammazioni nell’acuto ma anche le infiammazioni latenti o sub-cliniche, non sempre percettibili ma che comunque sono responsabili a lungo di danni alla superficie oculare se non trattate.

Tutti questi “sintomi” sono riconducibili alla carenza di lacrime e del sottile film che idrata e protegge l’occhio e che si interpone tra la cornea ( la parte più esterna dell’occhio) e la palpebra.

Una ricerca ha dimostrato che più di un terzo degli adulti trascorre dalle 4 alle 6 ore al giorno con dispositivi digitali, mentre il 14% anche 10-12 ore al giorno. Tutte queste ore passate sugli schermi digitali mettono a dura prova gli occhi. La maggior parte dei dispositivi digitali infatti emette luce blu, nota anche come luce visibile ad alta energia. I dispositivi digitali che emettono luce blu sono soprattutto: computer a schermo piatto, pc, portatili, tablet, smartphone, navigatori, TV LED e LCD.

Anche se la luce blu in sé è un semplice fenomeno naturale – è presente, ad esempio, nella luce del giorno e ci aiuta a rimanere svegli, la sovraesposizione può causare affaticamento degli occhi, disturbi nella visione ed insonnia.

Perché e quali i fastidi? I dispositivi digitali sono usati a lungo e a distanza ravvicinata così da costringere continuamente i nostri occhi a passare da immagini, illustrazioni a testo, spesso anche a alta velocità. Quando la luce blu colpisce il cristallino, si rifrange e costringe l’occhio ad una continua messa a fuoco (accomodazione). Per correggere questo problema le persone compensano ammiccando, con conseguente stress visivo. Quando si sta a lungo di fronte allo schermo lo sforzo di accomodazione richiesto comporta uno stress oculare.

I rimedi sono semplici e di facile attuazione:

Assicurarsi di lavorare con gli occhiali adatti a correggere il proprio difetto visivo.

Interrompere il lavoro per qualche minuto ogni ora, mettendo a fuoco un punto lontano: ciò che scatena il disturbo, infatti, è lo sforzo di accomodazione dell’ occhio, sempre a fuoco sulla stessa distanza.

Guardare altrove permette di rilasciare l’ accomodazione e rilassare l’ occhio.

Un esercizio antistress: mettere un dito di fronte agli occhi e mantenerlo a fuoco mentre lo si allontana; focalizzare quindi lo sguardo su un punto sullo sfondo, rimettere a fuoco il dito e tornare a portarlo vicino al viso. Ripetere l’ esercizio tre volte, più volte al giorno.

Buona norma raccomandabile è l’utilizzo delle lacrime artificiali ed evitare i colliri che contengono vasocostrittori. Non utilizzare colliri che contengono antibiotici, cortisonici o cortisonici in associazione a vasocostrittori: non servono a stare meglio, a meno che non vengano prescritti dall’ oculista per curare un’ eventuale infezione.

Stampa